lunedì 23 maggio 2016

AZALEA pt. 2

Fu così che, dopo tale riflessione, ritrovai me stesso, ma nel vuoto, immobile.
Fino a qualche secondo fa mi ero smarrito, eppure ero sicuro di aver vissuto, certo di aver controllato il mio corpo e aver maneggiato sensazioni ed emozioni attraverso la mia anima.
Le stavo provando in quell'istante, le emozioni intendo.
Ero cosciente, ma non eccessivamente da rizzare le palpebre, manovrare il movimento degli arti o percepire il flusso del sangue.
La mia anima era attiva, forse ero morto, accasciato al suolo da qualche parte, non riuscivo a spiegarmi come mai il mio fisico fosse incontrollabile, privo di ogni stimolo.
Pensai, come mi era solito fare, che fosse giunta la fine, forse il mio compito era terminato, il connubio tra corpo e spirito era ormai disgiunto, almeno non avevo provato dolore.
Quasi soddisfatto, cercai di pizzicarmi ma..che stolto, non avevo più delle mani.
Non potevo restare per sempre in tali condizioni, diluire il pensiero con l'azione rende felice e dinamica l'esistenza, come avrei fatto a pensare in eterno?
Addentrandomi nei corridoi dell'inconscio mi parve di udire un leggero frastuono che tuttavia non era frutto del mio senno, derivava da qualche elemento esterno al mio essere.
Divenne sempre più chiaro quel timbro vocale che assillava il mio timpano, allora non ero morto, il mio udito era ancora funzionante.
Un leggero formicolio iniziò a pervadere l'alluce, per poi diramarsi attraverso le ginocchia, verso l'intero tronco.
"Steh auf!", violenti pestoni scaltrirono la mia schiena spoglia, iniziai a sentire il gelo propagarsi attraverso tutta la fragilità del corpo.
Come a seguito d'una scossa, le mie pupille assaporarono il gusto delle prime luci al mattino. Era un tedesco, se ne stava lì a torturarmi da mezz'ora sperando che mi alzassi, se fossi rimasto a terra per più di cinque minuti probabilmente mi avrebbe fucilato.
Sfortunatamente, anche quel dì i miei occhi avevano visto la luce del giorno, mi aspettava una pesante giornata di sforzo fisico, del resto era quello il motivo per il quale i nazisti si ostinavano nel volermi vivo.

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